Il Segreto di Rosa – CAPITOLO 6
Trascorsero diverse settimane e lui non si fece più vivo.
Ero molto confusa e non capivo perché si comportasse così. Avevo provato a
inviargli dei messaggi, ma non li aveva nemmeno letti. Che pensare?
Mi concentravo ossessivamente sul mio lavoro e le mie giornate erano piene di
consulenze, relazioni da scrivere, corse in tribunale, e tutto procedeva in
maniera routinaria. Passavo molte ore nel mio studio, e il tempo sembrava
volare. Avevo la sensazione che le ore non bastassero mai.
Il mio ufficio diventò il mio rifugio, e i miei colleghi mi dicevano che ero
troppo immersa nel lavoro, che avrei dovuto riposarmi, ma non li ascoltavo.
Ogni riunione, ogni causa che vincevo, ogni documento che completavo mi dava
una sensazione di controllo, come se finalmente avessi trovato il mio posto nel
mondo.
Ridussi al minimo le uscite sociali con le amiche, e le serate con loro
seguivano sempre lo stesso cliché: aperitivo o cena, e poi a ballare. Le mie
amiche si erano accorte che ero particolarmente distratta in quel periodo e che
non partecipavo molto alle loro conversazioni. Così cominciai a rassegnarmi
alla sua assenza.
Ma un bel giorno, mentre ero assorta nelle scartoffie, la segretaria mi
consegnò una busta elegante, con il mio nome scritto a mano sulla copertura.
Una calligrafia d'altri tempi: “Ciao principessa, ti sto aspettando qui sotto
con la macchina accesa, Gianni”.
Non ci potevo credere, quindi all’inizio fui molto titubante, ma poi mi alzai
di scatto, lasciai tutto sulla scrivania e avvisai la segretaria che me ne
sarei andata perché mi ero dimenticata di un appuntamento.
Come un lampo fui per strada, mi guardai attorno e lo vidi raggiante vicino
alla sua macchina, con le doppie frecce accese.
Corsi verso di lui, che però mi accolse con un breve sorriso e disse: “Sali”.
Fui un po’ imbarazzata da quel comando e rimasi in silenzio, aspettando che
fosse lui a iniziare una conversazione.
La macchina correva e sfilava in mezzo al traffico cittadino. Velocemente
raggiungemmo l’autostrada Firenze-Mare.
Allora chiesi: “Dove mi stai portando di bello?”
Lui rispose: “Alla mia villa a Pietrasanta, in Versilia”.
Rimasi senza parole.
Il viaggio proseguì senza scambiarci parole e lui guidava con sicurezza e
velocità.
Raggiungemmo Pietrasanta senza difficoltà e, passando vicino al centro, mi
accorsi della nostalgia che provavo per quel posto. Mi ci portavano sempre i
miei genitori da piccola.
Cominciò a rallentare e notai che prese una strada stretta, piena di curve in
salita. Dopo una decina di tornanti, ci fermammo davanti a un grande cancello
verde, con ai lati due colonne bianche e sopra due statue di leoni.
Il cancello si aprì magicamente e la facciata della villa, in pietra chiara,
era decorata con eleganti dettagli architettonici: archi e balconi che si
affacciavano sui giardini circostanti. Le finestre, alte e strette, e ogni
angolo della villa avevano qualcosa di aristocratico, di fuori dal tempo, come
se appartenessero a un’epoca lontana, dove il lusso e la potenza avevano un
altro sapore.
Parcheggiò davanti all’entrata e un maggiordomo in livrea mi aprì lo sportello.
“Buona sera, Signora”, disse.
“Buona sera”, risposi.
L’interno era in stile coloniale, tutto perfettamente in ordine ed elegante.
Il maggiordomo scaricò dei pacchi e mi fece cenno di seguirlo. Salimmo una
scalinata di marmo bianco e aprì la prima porta su un ampio corridoio. “Qui
potrà rinfrescarsi e vestirsi per la cena”, disse, tirando fuori dalle buste un
completo grigio perla, calze, intimo e décolleté.
Chiuse la porta e se ne andò.
La stanza era a tema marittimo, con il letto a baldacchino. Aprii la porta del
bagno e scoprii che c’era un profumo per me e dei trucchi.
Mi preparai con calma, ma in uno stato confusionale.
Scesi la scala tutta agghindata ed ancora una volta aveva azzeccato i miei
gusti.
Lo trovai in salotto vicino alla finestra, con il telefono in mano, mentre
stava messaggiando.
Alzò lo sguardo e mi disse: “Sei bellissima”.
Mi accomodai sul divano bianco e lo aspettai. Mi aveva preparato un cocktail,
un martini dry che sorseggiai.
Finito di messaggiare, mi si avvicinò e mi baciò lungamente.
Entrò il maggiordomo nella stanza e, schiarendosi la voce, disse: “La cena è
servita”.
Mi prese per mano e mi fece sedere a un tavolo bellissimo di cristallo,
imbandito con pietanze di pesce e frutta esotica. La serata ebbe inizio.
La cena passò velocemente. Lui era di buon umore e mi fece molte domande, ma
come sempre, parlai solo io. Dopo cena, facemmo una passeggiata romantica mano
nella mano, guardando un panorama mozzafiato. Si vedeva tutta la costa fino
alla Spezia.
L’orizzonte era limpido e, dove il mare incontrava il cielo, si raggruppavano
delle nuvole quasi rosate e color arancio. La luce del sole calante rifletteva
sull’acqua del mare.
Guardammo a lungo il sole che scompariva e lasciava spazio a una luna piena
ormai visibile.
Mi portò verso una dependance, aprì la porta e lì era tutto pronto per
trascorrere la nostra serata di fuoco.
Tutto andò elegantemente, senza intoppi. Mi sentii desiderata, voluta,
corteggiata, adulata.
Mi addormentai serena fra le sue braccia.
Commenti
Posta un commento