Tangeri

Di Elyra

 

Scrivo per chi cammina tra le crepe del tempo, per chi ascolta i sussurri della soglia e riconosce il silenzio come una lingua antica. 

 Elyra 

 


 

Elyra è un nome d’anima, un eco di vite passate.
Scrive per evocare, per ricordare ciò che è stato dimenticato e per far vibrare il visibile con l’invisibile.
Le sue parole sono soglie: attraversandole, si entra in spazi interiori, simbolici, poetici.
Ama la lentezza, il mistero e la trasformazione.
Vive tra mondi — reali o immaginari — e li racconta con grazia rituale

 

 

 

Elyra - Liliana Fantini, Fiesole (FI) 2025.

tutti i diritti riservati.

 




Mi ritrovai al porto con le borse in mano e guardavo dritta davanti a me, e scrutavo l’orizzonte per vedere quando il vascello sarebbe approdato.

Era appena spuntato il sole, ed il cielo cominciava a colorarsi di giallo, rosso, rosa ed azzurro. Il vento caldo scaldava il viso, come se qualcuno soffiasse l’arrivo di una nuova alba.

Il porto era gia in fermento, uomini vestiti di mille colori, si affannavano a caricare le navi; botti di legno venivano issate su da corde resistenti, profumi di spezie, frutta colorata, giare, tutto veniva portato a bordo.

Cercavo di non distogliere lo sguardo da quella linea che unisce il cielo con la terra, perché sapevo che se mi voltavo sarei tornata indietro e non sarei mai piu partita.

Avevo deciso di andarmene senza salutare nessuno perché sarebbe stato ancora più doloroso. Avevo capito che ero l’ora di lasciare tutto, se volevo salvarmi la vita e quella dei miei cari.

Tutto ebbe inizio quando da ragazzina cominciai ad avere i primi allievi, ragazzi a cui insegnavo la parola sacra. Cominciai come un gioco, ma poi mi resi    conto che le mie parole avevano un impatto, suscitavano subbuglio ma anche a volte, conforto. Mi sedevo sotto le foglie di un oleandro in silenzio, chiudevo gli occhi e sentivo a mano a mano espandersi, come se si ampliasse e raggiungevo con la mia energia ed il pensiero, il mare, il rumore delle onde che andavano e venivano, con un rimo regolare. Ed io mi fondevo in quel ritmo ed anche mi tuffavo idealmente in quelle onde. Ero un tutt’uno con quello che mi circondava. Il mio corpo era come una grande marea che si muoveva con   lentezza, lasciando posto alla quiete. Proprio nel momento della sperimentazione dell’estasi, dove tutto era perfetto, ordinato ed equilibrio, sentivo arrivare i ragazzi, che in silenzio si mettevano seduti davanti a me. Ogni rumore cessava, ogni parola si spegneva, ogni gesto si fermava, la quiete prendeva il suo spazio.

Aprivo improvvisamente gli occhi e vedevo un gran numero di persone  in silenzio che mi guardava. Ma avevo già  percepito la loro energia, le loro paure, i loro dubbi, le sofferenze, le ferite; li conoscevo già tutti. Potevo individuare a chi avevo letto nel pensiero, chi portava dentro di sé la speranza di ritrovare se stessi, chi era impaurito e chi era scettico e non credeva ad una sola parola. Ma erano proprio queste anime, che mi chiedevano aiuto, che volevano in qualche modo risvegliarsi.

Così iniziavo a parlare senza nemmeno comprendere cosa dicevo, ma le parole uscivano facilmente una dopo l’altra ed io sapevo che proprio quelle parole avevano un potere nascosto, perchè scuotevano, erano come semi che si  conficcavano in un  terreno già arato.

Sentivo tutto questo e sapevo il potere della mia voce e della mia parola.

Mentre parlavo mi sentivo tutto il corpo allungato ed in una specie di  bolla, come se fossi collegata al cielo, come se la mia spina dorsale fosse ben dritta ed il suo prolungamento, che visualizzavo come un filo dorato che andava in cielo ed invece delle radici rosse che dal basso della schiena, entravano nella terra e raggiungevano i regni sotterranei.

Quando tutto terminava, mi sentivo come risvegliata, con il cuore aperto ed ero completamente immersa nell’amore e nella gioia.

 In silenzio, incrociavo i loro sguardi e con un sorriso, dicevo telepaticamente a quelle anime “va tutto bene, non preoccuparti, non sei solo”. In silenzio mi alzavo e correvo nei vicoli più stretti della città per raggiungere casa.

 

Appena arrivata a casa, come di consueto, venivo brontolata perché mi ero ritardata troppo e cominciava l’interrogatorio, che finiva dopo la decima domanda, in quanto non rispondevo mai a nessuna.

 

Questo avveniva sempre una volta alla settimana, ed avevo scelto come giornata il mercoledì.

Le settimane passavano e mi resi conto che quei mercoledì erano ricordati, e che il numero dei ragazzi che vi partecipavano era triplicato.

Non potevo crederci, ma soprattutto non potevo immaginare come la voce e le parole potessero avere un impatto su chi le ascolta…

La parola che portavo non me la aveva insegnata nessuno, sapevo già di conoscere quello che dicevo e cercavo di essere più semplice possibile, per essere compresa da tutti.

 

Una volta ero con mia madre, e mi ricordai che era mercoledì ed avevo il mio incontro, di cui nessuno sapeva niente. Così presi il coraggio, e le raccontai del miei discorsi. Lei rimase molto colpita, e non capii bene come si svolgeva il tutto e così decise di accompagnarmi.

Ero sinceramente molto emozionata del fatto che mia madre era venuta a d ascoltarmi e dire la verità, mi vergognavo un po’. Lei era molto severa, ligia al dovere, sottomessa a mio padre ed ai miei fratelli, mai oggi per la prima volta mi sentivo sostenuta.

 

Si sedette ai primi posti del teatro con grande naturalezza, e percepivo che la sua anima era alla ricerca di una verità diversa; cercava un spazio adeguato dove manifestarsi.

Feci la procedura come le altre volte, e tutto funzionò.

Mi centrai un attimo e le parole cominciarono ad uscire.

Parola dopo parola, ritmo dopo ritmo, sospensione dopo sospensione.

 

Un profumo indefinito di spezie fluttuava nell’aria ed un canto di una donna ferita, mi fece venire la pelle d’oca. Era come un mantra, una nenia che si ripeteva senza mai sosta.

Riapri gli occhi e vidi mia madre con il volto rivolto verso il basso e mi accorsi che piangeva…ma che avevo combinato. Non l’avevo mai vista piangere, non si arrendeva mai, manteneva il controllo, ripremeva ogni emozione. Sentii la sua anima che si stava come liberando da un peso, da una sofferenza, da un segreto.

Senza parlare mi avvicinai e le presi le mani, mi collegai al suo cuore e le dissi che andava bene così.

Quando si calmò, ci alzammo ed in silenzio ci incamminammo verso casa.

 

Mai a nessuno rivelammo questo mio segreto, ma lei non tornò mai più a quegli incontri perché, se fosse tornata, avrebbe preso la decisione di diventare libera e se ne sarebbe dovuta andare in mondi più moderni, dove la donna era considerata una persona, non un oggetto di casa.

Non dissi niente, ma il mio servizio continuò, gli anni passarono ed io diventai sempre più popolare. Non erano solo i ragazzi che si radunavo difronte a me, ma anche adulti e le donne erano molto brave a nascondersi nel fogliame delle piante, per ascoltare la parola.

 

Le notizie corsero di vicolo in vicolo, ed arrivarono alle orecchie di mio padre; che appena seppe quello che facevo invece di picchiarmi ben bene, come gli scappava ogni tanto, mi accompagnò ad un incontro. Si sedette in prima fila di lato per avere la visuale completa di tutta l’area.

Ero molto turbata quella volta ed impaurita e facevo fatica a meditare. a raccogliere tutte le mie energie. Venivo in qualche modo distratta dalla presenza di mio padre, perché sentivo il suo giudizio, la sua autorità, il suo potere, il suo controllo.

Mi affidai ad Allah e chiesi un aiuto, di essere me stessa nonostante tutto, e di essere a servizio come avevo sempre fatto, senza temere alcun male per me.

Aprì gli occhi ed il cuore mi batteva forte nel petto, lo cercai nella folla e lui era sparito e non capivo come mai, lo cercavo con lo sguardo ma non c’era. Mi cominciai a preoccupare ma una voce dentro di me, mi rassicurò che era tutto perfetto così come era.

 

La mia camminata di ritorno quella sera, fu molto lenta, e cadenzavo la mia falcata al mio respiro, non osservavo cosa accadesse intorno a me, ero concentrata sui miei passi. Arrivai a casa abbastanza serena ma anche con qualche momento di paura, perché non sapevo cosa mi avrebbe detto mio padre e come avrebbe reagiti. Decisi di non dire niente e così prima di cena, aiutai mia madre in cucina, mi lavai e cambiai e preparammo la sala per la cena di mio padre con i miei fratelli.

Mia madre io sbellicammo un po’ e ci bastava quel cibo.

Mentre portavo i piatti a mio padre, sentivo il suo sguardo su di me, ma non osò proferire parola; ogni tanto i nostri sguardi si incrociavano, ma non lasciava trasparire nessuna sensazione, emozione e pensiero. Era tutto congelato dentro di lui.

Proprio quel giorno, quando fui svegliata dal canto di una donna lontana, capii l’importanza di quello che stavo facendo. Quel giorno scoprii che sarebbero venute delle autorità ad assistere al mio incontro, ma non sapevo chi fossero. Ma non volli pensarci più di tanto, perché avrei percepito la paura che cresceva a mano a mano dello scorrere della giornata. Non avevo tanto paura del giudizio delle persone, ma delle autorità che forse potrebbero farmi chiudere da un giorno all’altro.

 

Mi incamminai verso la mia postazione sotto gli oleandri, e vidi che cerano tante persone già sedute ad aspettarmi. Ed proprio in prima fila scorsi un ragazzo che mi scrutava incessantemente, era bellissimo. Indossava dei vestiti sontuosi e molto eleganti, di colore azzurro con rifiniture in oro. Accanto a lui sedeva, un uomo alto, molto raggiante, che emanava una certa autorità. Anche egli mi scrutò ben bene e mi sorrise apertamente. Distolsi subito il mio sguardo perché sentii che c’era qualcosa di impuro in quello sguardo, qualcosa di manipolatorio e che ti volesse in qualche modo legare.

Mi sedetti e cominciai il mio rituale.

Le parole che dicevo quest’oggi me le ricordavo bene; vertevano tutto sul cuore, sulle virtù, sul rispetto e sull’importanza di voler bene.

Quando terminai vidi quel Signore alto con suo figlio, almeno io sentii che lo era, che si avvicinarono e mi chiesero il mio nome e dove abitavo. Mi raccontarono lo stupore che avevano provato perché ad una donna non avrebbe dovuto essere concesso lo studio del sacro e soprattutto professare degli insegnamenti.

Erano rimasti molto colpiti dalla mia saggezza e dalla mia preparazione e mi domandarono chi era stato il mio Imam, ed io risposi che non avevo seguito nessuno, ma che semplicemente, ricevevo dei messaggi dal mondo invisibile.

Loro tacquero ed il padre dette uno strattone al figlio, per portarlo via.

 

La mia vita scorreva regolare, se così si può dire, ed io ero sempre più insoddisfatta del mio ruolo in casa, e soprattutto non accettavo il fatto di essere considerata come una schiava al servizio degli uomini. Era sempre più difficile affermare se stesse ed il proprio potere; tutto veniva neutralizzato e fatto mettere in un cassetto.

Guardavo ogni giorno il volto di mia madre, sempre più triste, più scarno, ed il suo sguardo spento. Ma sapevo che lei era abituata a tutto questo e soprattutto impaurita. Delle volte alla notte, quando il rumore di fuori erano più attenuati, sentivo mio padre che la prendeva nel cuore della notte, e tante volte la sentivo lottare e ribellarsi, ma alla fine soccombeva e si concedeva. Non lo potevo sopportare, ma non osavo muovermi dal mio letto.

Quel giorno cominciò una nuova fase della mia vita, perché venni a sapere che quel bel ragazzo, che era venuto con suo padre al mio incontro, era il figlio di un Consigliere del Re. Rimasi esterrefatta, perché pensai che fosse davvero pericoloso che le sfere del governo si fossero interessate a me e ad una donna. Lui cominciò a venire ad i miei incontri assiduamente, e cominciammo proprio quel giorno, dopo le mie parole, a rimanere seduti sotto l’oleandro a parlare. Lui mi faceva un sacco di domande, ed io percepivo tutte le risposte dentro di me. Stavamo delle ore a parlare di questioni profonde e lui mi confessò che era molto attratto da me perché non aveva mai incontrato una ragazza /donna come me. Come se appartenessi ad un mondo diverso, con ideali differenti, con un certo potere, spavalderia, ma anche apertura. Fui molto lusingata dalle sue parole, che mi toccarono il cuore. Nei giorni seguenti, ci fermammo molte volte e continuavamo su tematiche profonde, ci interrogavamo sui misteri della vita e del mondo invisibile.

Tante volte i nostri sguardi si soffermavano e sentivo il mio cuore in risonanza con il suo e l’amore cominciò ad innondare tutte le nostre membra come un balsamo. Non potevamo stare lontani. I nostri incontri non avvenivano solo il mercoledì, ma cominciammo a vedersi tutti i giorni di nascosto e ci soffermavamo sempre al riparo dagli occhi di tutti.

Cominciò veramente un periodo pieno di emozioni e soprattutto di sensazioni che non avevo mai provato; sentivo un grande amore per quel ragazzo e percepivo anche il suo nei mie confronti.

Un bel giorno però il vento cambiò rotta e fui convocata insieme a mio padre dal Consigliere del re al suo palazzo. Mio padre era molto preoccupato di quella convocazione ed anche io in realtà.

Mi fece vestire con il mio unico vestito da cerimonia, che mi era stato cucito da mia madre qualche anno prima per il matrimonio di un mio fratello, e ci recammo al palazzo.

 

La camminata sotto il sole cocente non fu tanto piacevole e mio padre aveva un passo troppo veloce per me, come se volesse far in fretta.

Arrivammo davanti al portone di un palazzo sontuoso e maestoso, e le guardie ci scortarono all‘interno; mi sistemai il vestito e rimisi a modo il velo. Entrammo ed il Consigliere ci fece molta festa quando entrammo.

Fece accomodare mio padre su un divano enorme, soffice, mentre io mi sedetti su una piccola sedia dietro di loro.

Il colloquio cominciò allegramente, ma verso la fine il Consigliere ci disse che il Re in persona aveva saputo della mia attività di insegnamento pubblico e non era molto contento perché avrei rappresentato una minaccia all’equilibrio cittadino  e soprattutto rappresentavo un cambiamento come modello di donna per la nuova generazione. Così quello che il Re aveva deciso è che mio padre doveva dare il permesso al Consigliere di prendermi come moglie e si sarebbe risolto il problema. Avrei potuto dargli ancora figli e mi avrebbe distolta da quell’incarico da uomo.

Appena senti quelle parole il mondo mi crollò addosso; come potevo sposare un vecchio; come potevo rinunciare all’amore di suo figlio, come potevo rinunciare ai mie talenti ed al mio servizio.

Il Consigliere aveva già fatto preparare il contratto, lo fece firmare a mio padre, che tutto contento accettò.

Uscimmo dal palazzo lui fiero dell’offerta e ringraziando Allah dell’abbondanza, mentre io piangevo dentro di me e versavo lacrime amare.

Quella notte decisi che volevo vivere come una donna libera e cosi nel cuore della notte senza salutare nessuno, presi le poche cose che avevo, mi tagliai i capelli, mi vestii come un uomo e mi diressi al porto dove presi all’alba il primo vascello che mi avrebbe portato in Spagna.

 

E cosi feci!

 

 


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